La vita senza uno “scopo” ha senso?

Premessa

Per argomentare questo tema dobbiamo prima soffermarci a riflettere sull’Universo percepito che ci circonda.

Pensiamo che la Luna, che le stelle, che i pianeti…abbiano uno scopo? Se non ci fossero, semplicemente non ci sarebbero.

E’ un gioco di parole che, però, dovrebbe rendere l’idea. L’Universo percepito che ci circonda è fine a se stesso.

Taluni potrebbero obiettare che nel “microcosmo” l’ossigeno ha lo scopo di dare la vita all’universo organico ma se questo non ci fosse, semplicemente non ci sarebbero organismi “viventi”.

Il nulla, in fin dei conti, non è una cosa negativa. Qualcuno ricorda negatività quando ancora non era nato? Qualcuno ha ricordi di sofferenza prima del proprio concepimento?

Al contrario potremmo enumerarne tanti successivi alla nostra nascita.

Se l’Universo percepito che ci circonda non ha uno scopo, è plausibile pensare che non abbia nemmeno un “senso”, o per meglio dire, ne ha solo uno: quello di “esistere”. Scopo e senso, così,  tendono a coincidere. Il senso dell’Universo percepito è quello di essere fine a se stesso. Che ci sia o non ci sia farà una differenza relativa semplicemente alla nostra percezione cosciente, nulla di più, che, rapportato all’infinito, durerà meno di un planck (6,62618·10-34 J·s).

Per esprimere il concetto in poche parole si potrebbe affermare che la presenza degli esseri umani è, anch’essa, fine a se stessa. Che ci siano o non ci siano non fa alcuna differenza, piuttosto, il fatto che ci sono è cagione di problematiche che, altrimenti, non ci sarebbero.

Parafrasando, il problema nasce nel momento in cui si genera una situazione in grado di creare il problema stesso.

Da dove viene allora l’idea di uno “scopo” nella vita?

Per parlare dello scopo non possiamo prescindere dall’influenza che, su di esso, ha l’ego individuale poi proiettato sull’ego sociale.

Lo “scopo”, infatti, è figlio dell’ego e della presunzione che noi dobbiamo dare un senso alle cose (che invece non hanno un senso di per sé). Perché questo gioco dell’ego funzioni sono essenziali le costruzioni sociali.

E’ chiaro che la presenza degli esseri umani è fine a se stessa e non ha un significato oggettivo. Se scomparissimo, nulla cambierebbe nel “macrocosmo”. (Se poi consideriamo che quel macrocosmo potrebbe essere semplicemente frutto di una nostra proiezione cosciente spenta la quale cesserebbe di esistere, la cosa sarebbe persino più semplice da comprendere.) Per questa ragione l’attaccamento alla vita è un surrogato del nostro ego. Se non avessimo ego, non avremmo alcun tipo di attaccamento al nostro corpo in quanto ci percepiremmo come parte dell’Universo e la fine del nostro corpo sarebbe percepita semplicemente come un cambiamento di stato.

Senza ego non avremmo motivo di accumulare per sopravvivere e, tanto meno, di accumulare per vivere meglio. Accetteremmo la nostra vita come fine a se stessa, esattamente come accetteremmo il nostro cambiamento di stato (che oggi chiamiamo morte)

L’ego, che potremmo considerare come un “errore di programmazione”, ci ha fatto distaccare dal resto dell’Universo Percepito e ha innescato il processo di attaccamento alla vita quali esseri definiti e separati dal “resto”. L’attaccamento (a persone e oggetti) ci ha portato alla produzione di un tessuto sociale e alla creazione di un “ego collettivo“. L’ego collettivo dà origine alle “costruzioni sociali” e le costruzioni sociali generano la necessità di avere uno “scopo” per essere riconosciuti quali parti dell’ego collettivo.

Un costrutto sociale è un concetto che esiste non nella realtà oggettiva,

ma come risultato dell’interazione umana. Esiste perché gli esseri umani concordano sul fatto che esista. E’ un prodotto dell’ego collettivo.

Sarà facile comprendere come quasi tutto, oggi, sia una costruzione sociale.

Gli esempi sono infiniti: gli archetipi di bellezza, l’idea di “genere”, il concetto di mascolinità e femminilità”, l’idea di “educazione” (tanto diversa, ad esempio, tra culture occidentali ed orientali)…etc.etc.

Il concetto di “costruzione sociale” si fa persino più interessante ed estremo quando viene relativizzato all’etica. L’etica è anche una costruzione sociale. Per taluni è giusto usare gli animali come cavie e per altri non è giusto. Per taluni è giusto usare gli esseri umani come cavie per i farmaci, per altri no.

La discriminazione dei neri, degli omosessuali poi e dei “novax” ancora dopo…Che dire poi della pena di morte avallata da alcuni governi e ripudiata da altri. O dell’eutanasia o dell’ assassino che diventa eroe se uccide in una guerra sponsorizzata da un governo ma che viene considerato criminale se lo fa autonomamente…

L’ego, dunque, genera attaccamento e desiderio di accumulare. Questo fa emergere gli individui con ego maggiore e che, da un punto di vista spirituale, sarebbero da considerare gli esseri più deboli in quanto schiavi del materialismo e incapaci di vedere l’essenza della vita depurata dalle costruzioni sociali. In una società in cui l’ego collettivo diviene sempre più forte, però,questi individui emergono come coloro da cui prendere l’esempio e che “mostrano” alla massa gli scopi materialistici della vita.

Una visione distorta frutto di un sistema sociale ormai compromesso e nel quale la maggioranza degli individui è ormai incapace di cogliere le reale sostanza della vita ormai ricoperta dai molteplici strati delle costruzioni sociali.

Una vita fine a se stessa con individui fine a se stessi vengono quindi depurati dalla loro essenza e trasformati in un prodotto dell’ego e che, quindi, prevede uno “scopo” che, quasi sempre, serve ad alimentare il Sistema.

Lo scopo infatti non sarà quello di star bene con se stessi e godere semplicemente del fatto di essere vivi…lo scopo dovrà essere quello del sostentamento del Sistema sociale creato i cui maggiori benefattori saranno proprio coloro che plasmano le costruzioni sociali.

Lo “scopo” è una invenzione sociale creata da chi detiene il potere per instillare un senso di incompletezza (e di colpa) in colui che non assolve un ruolo atto al sostentamento del Sistema stesso che riconosce il potente come tale. Parafrasando, “Jeff Bezos” ti dice che se non lavori per Amazon tanta gente sarà infelice perché non riceverà le merci. Poco importa se quelle merci sono inutili per il raggiungimento di una felicità autentica e, invece, sono il frutto di un Sistema che crea continuamente nuovi bisogni per generare schiavi.

Un individuo emotivamente debole non potrà esimersi dal seguire la corrente. Uscirne lo farebbe sentire “inutile” e privo di significato proprio perché la sua psiche è stata plasmata in modo tale da non avere una identità propria ma riflessa.

Un individuo emotivamente debole ha dei vuoti emozionali che non è in grado di colmare. Nell’accettazione sociale cerca il sostegno e il conforto. Poco importa a quale “gruppo sociale” appartenga. Il fatto stesso di doversi armonizzare con uno di essi per sentirsi a suo agio ne suggella la debolezza e la facilità di manipolazione e la sua realizzazione dipenderà dal raggiungimento dello “scopo” del momento.

Tanto meno ego avremo, tanto più distaccati saremo dal Sistema e dalle Costruzioni Sociali, tanto più lo scopo della vita si avvicinerà alla sua stessa essenza ossia: vivere ed essere in pace con se stessi e senza uno scopo preciso.

Una Società Utopistica

In quanto esseri umani non possiamo prescindere dall’ego perché dovremmo sovvertire i codici di programmazione del nostro DNA e quindi la nostra natura.

Possiamo però immaginare una società con esseri umani con un ego ridotto al minimo per la sopravvivenza.

Nel passato i figli erano un contributo essenziale all'”azienda famiglia” in quanto costituivano manodopera.

In una società con individui con ego estremamente ridotto questa necessità di crescita non ci sarebbe. Probabilmente oggi sulla Terra saremmo pochi milioni riuniti in piccole comunità.

Ci auto gestiremmo perché non avremmo alcun interesse a possedere di più e al massimo scambieremmo qualche prodotto che noi produciamo (ad esempio frutta o ortaggi) con qualche altro (carne o vestiario basico) prodotto da altri. Non esisterebbe nemmeno il denaro perché ogni piccola comunità sarebbe in grado di provvedere a se stessa e procreare nella misura in cui non si superi il numero oltre il quale non si possa più soddisfare l’auto sostentamento.

Non avremmo terrore della morte e l’accetteremmo come parte della vita e della nostra trasformazione.

Lo scopo principale sarebbe quello di stare bene con noi stessi. Un individuo che sta bene con se stesso è fondamentalmente in pace. Chi è in pace trasmette pace e chi riceve pace è propenso a sentirsi in pace e trasmettere anch’esso pace.

Le più grandi patologie mentali sono eredità trasmesse da genitori che non erano in pace con se stessi e che quindi hanno generato figli con patologie che saranno trasmesse al tessuto sociale e lo comprometteranno.

In una società utopistica fatta di individui con ego ridotto questo non avverrebbe.

Conclusione

Lo scopo è dunque il frutto della distorsione dell’ego che ha dato luogo a costruzioni sociali che lo hanno determinato. Non è nulla di oggettivo.

Chi ti dice che devi avere uno scopo nella vita ti sta manipolando o ha dei problemi emotivi.

L’unico scopo della vita è quello di viverla serenamente. Tanto più sereno e in pace sarai con te stesso tanto più vicino sarai al vero scopo della vita che non ha uno scopo. Come le stelle del cielo brillano senza alcuno scopo…così la tua vita deve brillare . Quando si spegnerà, sarà stata come i miliardi di Supernova che dopo avere espresso il massimo della loro luce, hanno illuminato l’immensità del vuoto col semplice scopo di far parte dell’Universo stesso che le accoglieva e poi si sono spente.