L’elaborazione di un lutto è un processo complesso e relativamente lungo. E’ un viaggio all’interno della nostra mente nella quale riaffiorano continuamente i ricordi che si intrecciano violando le barriere temporali.
L’amore umano difficilmente prescinde dall’attaccamento e, come ho scritto tante volte, l’attaccamento porta alla sofferenza nel momento del distacco.
Un amore “divino” escluderebbe qualsiasi forma di attaccamento ma non sarebbe compreso e/o accettato dalla maggior parte degli esseri umani. Antitetico, in qualche modo, alla natura umana.
Io ho amato profondamente mia moglie e il mio era un amore estremamente umano. Il distacco da lei è stato devastante.
Non dimenticherò mai gli ultimi istanti e il suo sguardo ormai privo di coscienza manifesta.
Per 8 mesi mi sono chiuso in me stesso…praticavo sport e rientravo a casa il cui silenzio rimbombava forte nella mia mente.
Io non ho passato quelle che sono considerate le 5 fasi del lutto: Negazione, Patteggiamento, Rabbia, Depressione, Accettazione.
Ho avuto alcuni mesi di depressione e rabbia allo stesso momento. L’accettazione, invece, è un processo la cui durata dipende in gran parte dalla nostra personalità. Io, ancora oggi dopo 5 anni, tendo a considerare una profonda ingiustizia la morte di una donna di 39 anni, che amava la vita, che aveva sempre condotto una vita sana e che oltretutto amava ed era amata.
Gli ultimi istanti della sua vita, (esalò il suo ultimo respiro alle 15:28 del 28 aprile 2016) probabilmente lei era andata già via. Il suo stato di coscienza era mutato e la “mia” Cyn ormai apparteneva solo alla mia mente perchè lei ormai era altro.
Nessuno è mai tornato dalla morte vera. Non parlo delle morti apparenti che durano qualche istante. Parlo della morte vera.
E’ importante notare che col termine morte io non intendo indicare una fine ma, semplicemente, un cambiamento di stato. Poichè per noi è vivo soltanto ciò che, in qualche modo, ci manifesta vita e cosciente solo ciò che in qualche modo riesce a comunicare con noi.
Una pianta la riteniamo viva in quanto in base a dei parametri le sue caratteristiche coincidono con quelle di un organismo vivente ma non essendo, noi, in grado di comunicare con essa non possiamo affermare che sia un organismo cosciente.
A volte muore prima la coscienza del corpo che ne è semplicemente l'”involucro”
L’elaborazione di un lutto può avvenire in molteplici forme tutte suggerite dalla nostra mente. Non esiste un modo giusto e un modo sbagliato di elaborare un lutto. Esistono però forme costrtuttive, che ci fanno bene , e forme distruttive, che ci danneggiano.
Noi tendiamo a vederci come parti distaccate e uniche dell’Universo che ci circonda. Se proviamo invece a identirifarci come parte di un Insieme che muta continuamente anche le nostre prospettive cambieranno. Il mio corpo cambia continuamente…la mia pelle, il mio sangue, i miei neuroni… La mia percezione cosciente decide che io sia io e sempre lo stesso nonostante i molteplici cambiamenti che quotidianamente il mio corpo e la mia mente subiscono.
Eppure una persona che oggi amiamo domani la potremo detestare proprio perchè entrambi cambiamo. L’attaccamento, molte volte, dipende dal fatto che il soggetto o l’oggetto a cui ci leghiamo, in realtà, colma dei vuoti che abbiamo interiormente. Per questa ragione, spesso, scendiamo a compromessi con noi stessi per mantenere il legame in quanto la rottura di questo potrebbe crearci turbolenze emozionali che non sopporteremmo.
Il lutto non è altro che la conseguenza della rottura (imposta) di un legame. La sofferenza maggiore è quasi totalmente egoistica in quanto soffriamo per qualcuno che non è più con noi e non potrà più colmare i nostri vuoti interiori. Chi è dipartito, per quanto ne sappiamo, non soffre più….è un po’ come chi non c’era prima di nascere. Piangere per qualcuno che non soffre non ha alcun senso…Piangiamo per noi stessi e per la paura di un futuro senza quel legame.
Cynthia, mia moglie, morì di cancro a 39 anni, 5 anni fa, il 28 aprile 2016.
2 anni e mezzo di cure. Abbiamo approfittato di ogni istante per godercelo al 100%. Al termine della sessione di chemioterapia prendevamo un aereo e partivamo. Lei era una donna estremamente forte. Gli ultimi 6 mesi però sono stati estremamente duri in quanto la malattia ha cominciato a divorare il suo corpo. Quello è il momento in cui si soffre per la persona che si ama e potremmo parlare di sofferenza “altruista”…La morte invece è la sua liberazione e piangere dopo, sebbene io lo abbia fatto, è decisamente un atto egoistico. La morte ci libera dalle catene che la nostra mente e la nostra coscienza ci impongono.
Quando “nasciamo” veniamo imprigionati e quando “moriamo” veniamo liberati.
Siamo energia che fluisce continuamente e nel momento in cui prendiamo una forma cosciente rimaniamo racchiusi in una “prigione”.
Oggi Cynthia è libera…non è racchiusa in alcuna gabbia cosciente e può fluire nell’Universo in armonia. E’ nella mente di chiunque la ricordi sotto forma di interazioni neurali che rielaborano eventi passati o immaginari ma lei è libera dai legami emozionali e fisici perchè è energia.